L’incontro con lo straniero nell’antico testamento
La Bibbia ebraica non presenta un’immagine univoca dello “straniero”. Accanto a testi animati da preoccupazioni identitarie, per cui lo “straniero” è avvertito come una minaccia per l’integrità, etnica e religiosa, del popolo di Dio (ad es. Deut 7, Gos 23, Esdra), ve ne sono altri in cui anche gli “stranieri” rientrano nella prospettiva universalistica di Yhwh. È su questi testi in particolare che ci vogliamo soffermare: l’incontro tra Abramo e Melchisedec (Gen 14) e poi con Abimelec (Gen 20); il rapporto di Mosè col suocero midianita (Es 2 e 18); Eliseo e Naaman, generale arameo (2 Re 5); Israele, l’Egitto e l’Assiria in Is 19; il tempio di Gerusalemme come “casa di preghiera per tutte le genti” (Is 56); la compassione di Dio per gli abitanti di Ninive (Giona). Ne emergono linee di forza del pensiero biblico, in cui si coniugano positivamente la peculiarità di Israele e l’orizzonte universale dell’azione di Dio.
A cura dell’Istituto Superiore di Scienze Religiose “Alberto Marvelli”